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Capitolo 2


2.     Il Filosofo e le ammonizioni: le prediche del Dàimon negativo.


Questo secondo Capitolo è dedicato a quella cerchia di pensieri che sorgono dalla percezione dell’uomo mediata da quelle maligne lenti che ne rendono più aspra e spigolosa l’immagine, e non poco distorta la proiezione qu quella retina che qui è la risma.
Karl Kraus[1] non esitò fra i suoi aforismi ad affermare che il diavolo è un ottimista se auspica di poter peggiorare l’uomo. Da Nicolò Machiavelli a Thomas Hobbes puòsi rinvenire la rappresentazione dell’uomo come naturalmente portato al male, alla violenza, alla guerra, a cercare l’amico solo per difendersi dal nemico. E non poco voleva raffinare (per quanto di raffinato possa trovarsi nella nausea) questa idea Jean-Paul Sartre nell’affermare che il nostro inferno sono gli altri.
Affondano qui e ora [spero non troppo (ma forse tenere in vita questa speranza null’altro è che mentire a me stesso)] nella più profonda rassegnazione e nel paventato nichilismo i pensieri del Dàimon negativo, a cominciare dalla visione relativistica della natura dell’uomo, trovando purtroppo non poco suffragio in molti autori citati, passando per il pessimismo, il nichilismo e l’esistenzialismo.

PENSIERO N°40
“E quando capirai che gli uomini sono solo effimeri granelli di sabbia trascinati convulsamente dall'insensibile vento dell’eternità, intenderai anche che la tua straordinaria intuizione non è dissimile dal più parvo ed inutile verso di fiera nel deserto; ma prima di farti irrorare per ciò dalla più inconcludente angoscia realizzerai che l’unico modo per sfuggire a cotale tragico oblio è semplicemente null’altro che vivere.”

Il XIV Dalai Lama[2] ha pronunciato un'esortazione che richiama in pochissime parole quanto contenuto nella parte finale del pensiero precedente: “Impegniamoci a riconoscere la preziosità di ogni singolo giorno”. Vivere è qualcosa di più del limitarsi allo “stare”, all’“esserci”: significa esperire le qualità caratterizzanti di uomo site in ciascuno degli esseri umani, condividendo col prossimo, oltre ai sentimenti, quanto di probo, meritorio e proficuo c’è nello spirito di ciascuno.
Oscar Wilde al riguardo, certamente con la delicatezza della quale in un certo qual modo chi scrive difetta, ebbe la lucidità di affermare: “Vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente esiste. E nulla più.”
Jean-Paul Sarte non esitò ad affermare che "la vita non ha senso a priori. Prima che voi la viviate, la vita di per sé non è nulla; sta a voi darle un senso, e il valore non è altro che il senso che scegliete."[3]
In questo panphlet “vivere”, come si avrà avuto modo di intuire, contiene interamente la missione del filosofo, e ciò perché – come disse il grande Maestro Dante – “fatti non fummo per viver come bruti, ma per seguire virtù e coscienza.”
Senza dover raggiungere in questa sede le estreme, ma non certo incondivisibili, conclusioni di Soren Aabye Kierkegaard, secondo cui la massa è ignorante (mentre al contrario l’intelligenza spetta solo al singolo) e che la maggior parte degli uomini vive nella mediocrità (senza conoscere mai la condizione o lo status o la connotazione del genio), puòsi invece richiamare, a suffragio della continenza di cui supra, qui la sagace osservazione di Leonardo Da Vinci, secondo cui l’uomo medio “guarda senza vedere, ode senza ascoltare, tocca senza percepire, mangia senza gustare, si muove senza essere cosciente del suo corpo, inala senza accorgersi degli odori e delle fragranze e parla senza prima pensare[4].

PENSIERO N°41
"Cosa differenzierà mai la psiche da un qualunque metallo? In verità nulla!
Anch'essa è malleabile, riducibile in lamine sottilissime, la si può contorcere, polverizzare, fondere...
Tutto sta nel trovare la temperatura d'interesse."

PENSIERO N°42
"L'invidia è capace di trasformare la gente con implicazioni talmente terrificanti da supporre che la persona in questione sia stata sostituita da uno spirito maligno volto tendenzialmente alla disgregazione sociale.
Le conseguenze dell'atto d'invidia non hanno misura se non valutate in costo sociale.
Questa, annoverata fra i peccati capitali, è innata, e ha i suoi risvolti dacché esiste l'uomo, e ne avrà finché l'uomo esisterà."

PENSIERO N°43
"E quando capirete che il mondo è uno, e che tutte le regole scientifiche vi si applicano indipendentemente dal fatto che le conosciate o meno, e che a tutte le domande passate, presenti e future fu già stata data esauriente risposta ancor prima delle loro formulazioni, sarà ormai troppo tardi."

PENSIERO N°44
“Ecco che lo spirito maligno allora sentenziò: sarai condannato ad avere le più lucide intuizioni, a conoscere le scienze e le arti, a formulare continuamente teorie, a realizzare invenzioni geniali, ma non verrai compreso, sarai allontanato, e disconosciuto dai tuoi simili. Non potrai dir nulla, né esplicare, né controbattere, né replicare: tutto verrà ribaltato contro di te. La luce sarà la tua oscurità.”

PENSIERO N°45
"La tragedia dell'uomo è il naufragar nel mare delle incomprensioni, quando ai remi stanno i sordi, alle vele stanno i muti, ed al timone stanno i ciechi, nelle coste eterogenee dei fiordi e frastagliate dei sofismi, fra i nuvoloni neri e spaventosi dell'eristica".

PENSIERO N°46
"Esiziale palesasi il barcamenarsi fra sedicenti orientamenti politici, campagne demagogiche, contenziosi populisti, coacervi di lotte sociali e conflitti di classe, nell'esecranda consacrazione di individui o di fatti a simulacro. Ci si pone in verità la sfida eterna d'avere il lume e l'umiltà di rimettere la nostra fiducia nelle mani della Conoscenza: in fondo si tratta solo d'interiorizzare e comprendere l'inequivoca esigenza di non sacrificare la Scienza sull'altare della Storia o degli eventi."

Cosa vuol dire “consacrazione di individui o di fatti a simulacro”? Credo che la risposta vada da ricercarsi nelle parole di Eleanor Roosevelt: “Grandi menti parlano di idee, menti mediocri parlano di fatti, menti piccole parlano di persone”.

PENSIERO N°47
"Avrei voluto vivere l'utopia d'esistere in un mondo ove la lingua d'uso fosse stata quella presuntuosa scienza che risolve i problemi, che la moneta corrente fosse quella distaccata economia che produce l'efficienza, che il rapportarsi fra gli uomini fosse quel duro diritto che dispiega l'equità e la pacifica coesistenza, senza prescindere da fondamento nè trascendere da suffragio..."

PENSIERO N°48
"...Invece vivo in un mondo di inopinabilità opinate, anatemi casuali, sconcertanti opportunismi, aberranti giustificazioni, critiche random, discrasie concettuali, coercizioni psichiche, soggezioni sofistiche, meditata irragionevolezza, comoda irrazionalità, lucida follia, consapevole dolosa ignoranza e ben elaborata illogicità."

La paix vaut encore mieux que la veritè” disse Voltaire: la pace è preferibile alla verità.

PENSIERO N°49
"Ergo è disutile che ci si prenda in giro: la Realtà è all'uomo, se non in misura - ancorché illusivamente - trascurabile, inevitabilmente intangibile. Il resto si compone null'altro che di conati, anche seppur meritori e probi, di più o meno divulgata (supposta) scienza privata."

PENSIERO N°50
"Se il Diritto dovesse ogniqualvolta soddisfarsi della certezza assoluta ed indefettibile, probabilmente non ci sarebbe mai giustizia: ecco perché si accontenta spesso ed inevitabilmente di quella più convincente."

PENSIERO N°51
"La discrasia fra l'obbiettivo Reale e la Verità - parziale e relativa - subbiettiva è tanto minore quanto maggiore è il bagaglio culturale dell'osservatore, che all'orizzonte dell'irraggiungibile Conoscenza non può che stagliarsi con gli occhi di un infinito Ermeneuta.
L'uomo di tutto ciò dovrebbe, ma non se ne cruccia seriamente, poiché s'accontenta di postulare che il percepibile tenda all'irrefutabile, e quella discrasia a nulla."

PENSIERO N°52
"La capacità di progredire è inversamente proporzionale alla lentezza con la quale si prende atto di non esser in grado di confutar le ontologiche e teleologiche ermeneusi - in vero tanto definitive e risolutive quanto il costume - del rapporto che lega esser e dover essere."

PENSIERO N°53
"La missione dell'Ermeneuta consta, più che nel lumeggiare quel margine - non poco quantificabile - dell'altrui discrasia sofferta tra l'obbiettivo ed il subbiettivo, nel persuadere la maior pars che il loro della verità è solo riconducibile a combinato disposto fra oltremodo oziose, relative, parziali ed oltretutto ignave convenzioni."

PENSIERO N°54
"Forse sarebbe opportuno chiedersi fin a che misura lumeggia e galvanizza l'euristica, il concludere che la Verità null'altro è che il combinato disposto comune tra miopi comode individuali ermeneusi".

E’ proprio il pensiero che precede, come anche la seconda parte di quello che segue, che fondano il positivismo di cui fu postulata la riserva di cui supra, e che qui si intende sciogliere. Non so se ciò fa di me un idealista in senso fichtiano, un sofista od un relativista (spero non un nichilista), ma tutto ciò che ci circonda non è alieno, nel senso proprio del termine[5], fintantoché l’umanità non lo ha accettato come esistente: questa accettazione si palesa come una più o meno ancestrale deliberazione (sociale o mentale): la nostra natura non è che una convenzione. Tutto è frutto di una scelta (umana o divina che sia) e nulla è lasciato al caso.
Sul letto di morte Albert Einstein pronunciò la seguente frase, concludendo così la parabola del suo ineguagliabile genio: “Dio non gioca a dadi”.
Le verità non vengono accettate dalle generalità dei consociati con semplicità, anzi: il più delle volte le verità vengono contrastate, allontanate, con l’intento di ammutolirle e caducarle. Non tutto viene accettato ed accolto come vero, come condivisibile: spesso viene deriso e canzonato.
Arthur Schopenhauer affermò tra l’altro che “la verità passa per tre gradini o tre fasi: prima viene derisa, poi aspramente criticata, in fine viene accettata come da sempre ovvia”. Mi permetto di aggiungere che non tutte le verità completano la scalata.
Da cosa dipende questa scalata? Dalla persuasività del comunicatore, dalla condivisibilità dell’idea, dalla sua provenienza, dalla sua applicabilità, dai suoi presupposti, dalla disponibilità ad ascoltarla da parte degli interlocutori, gli individui coi quali si dialoga.
Nella triade di ammonizioni seguenti, la prima parte del primo pensiero, come anche in generale gli altri due, vengono richiamate  pienamente le parole che George Orwell pronunciò al riguardo: “In un momento di menzogna universale, dire la verità è un atto rivoluzionario.” Da ciò non può che ravvisarsi quella consuntiva relatività del desiderio di giustizia e di verità assoluta che l’uomo brama.

PENSIERO N°55
“Bada bene e riguardati dal ritrovarti ad esser per combinazione o per volontà un isolato giusto in un mondo di tragici sbagliati, poiché ivi il reale erratico non potrai che esser solo tu: qualsivoglia fattezza non è che  – condivisibile o meno che sia - umano frutto di convenzione e verosimilmente lo è finanche la tua medesima esistenza.”

PENSIERO N°56
"Bada bene e riguardati dall'esprimere ed esteriorizzare ciò che non sia d'agevole comunicazione benché proficuo e meritorio, in quanto potresti esser tacciato di superbia, poiché siffatta tua condotta si concreterebbe come cagionevole della (ancorché) consapevolezza dell'altrui ignoranza."

PENSIERO N°57
“Bada bene e riguardati dal conferire le redini a chi dei pochi sa idoneamente e tecnicamente manovrare ciò che si palesa governando, poiché verrà visto in vero da tutti gli altri come inaffidabile, o inopportuno, o inadeguato, o incompetente: destino questo che colpisce insensibilmente tanto il designato, quanto il designante.”

PENSIERO N°58
"Non paventar di germogliare anche solo il più innocuo dei pensieri, poiché anche la quercia più possente o la foresta più florida non posson che derivar verosimilmente dal più trascurabile seme. Ma rammenterai in vero che analogicamente anche il più catastrofico ed apocalittico incendio può scaturir quindi dalla più insignificante scintilla: tutto pertanto dipende dalle probe intenzioni e dai genuini presupposti."

PENSIERO N°59
"Eppure basterebbe fregiarsi di quell'ulteriore senso, in vero non alieno, che porta il nome di Conoscenza, capace quantunque d'estendere la propria percettività a quell'altre cagioni di nocumento, per una buona volta guardarsene e non esser da siffatte spire attirati, coinvolti e lesi."

PENSIERO N°60
"L'umanità si concreta in un'unica entità, la quale in verità ha il divino dono dell'autocoscienza e della ragione.
Ad illimitata guisa però i popoli ne hanno spesso perduto di vista l'utilizzabilità, favorendo sì più o meno estese ed obnubilanti polarità di suggestione.
Trattasi di poli sofistici dalla radiante tumorale indole che imbrigliano ancor le masse, ed a ragion del vero a compiante implicazioni inevitabili."

PENSIERO N°61
“In quelle articolazioni paradigmatiche e distratte ed in quelle convulse ramificazioni infinitesimali che son reticolazioni ambigue di meandri e labirinti della umana suggestione, della indolenza al vero ed alla angoscia alla Conoscenza, perdersi non può che palesarsi ad imbarazzo di vilmente stentata e pilatesca nichilistica delibera.”

PENSIERO N°62
"Ed in quel brevissimo istante privo di gravità alcuna in cui sei lanciato oltre il blu del cielo fino al punto di ravvisare la curvatura del pianeta, prima ancora di estinguerti al suolo, avrai l'istantanea possibilità di capire che le tue conoscenze non son altro che concrezioni di sillabe ed ombre di pallidi fonemi in un universo che di tutto si compone, tranne che - se non trascurabilmente - di parole."

Una elegante parafrasi del pensiero di J.K. Galbraith si sintetizza in: “Il mondo si divide in due: quelli che non sanno e quelli che non sanno di non sapere”. Ciò richiama non poco Platone, nelle parole che questi attribuiva a Socrate: “Sembra dunque che per questo particolare io sia più saggio di quest'uomo, poiché non m'illudo di sapere ciò che non so!”[6], a sua volta più accessibilmente parafrasato in “so di non sapere”.
Un detto portoghese recita, in merito alla conquista della saggezza, che l’evoluzione di un saggio ha come destinazione il non cessare mai di porsi domande: ben si comprende come la saggezza consista pertanto nel prendere atto che è talmente ampia la scienza, che nei confronti di essa non può porcisi - sempre e comunque - che col punto di domanda, verosimilmente anche quando si presuma di aver già colto molto della verità. Baltasar Graciàn affermò che “certuni sarebbero saggi, se non fossero persuasi di esserlo.
Il punto interrogativo è il fine ultimo del saggio, la tappa per cui passa colui il quale diventare vuole Filosofo; ma l’interrogativo, proprio per la sua natura eterea ma contemporaneamente anche grave, è l’arma più utile nell’eristica.

PENSIERO N°63
"E' vero: l'esclamazione è con certezza un diretto affondo nell'argomentazione dell'avversario; ma si rischia così con l'esporre oltremodo ed ad esizial foggia il fianco. E', invece a mio avviso, altrettanto vero che nulla è più piacevole e gentile della disarmante ma non rischiosa interrogazione: di fronte ad un punto interrogativo l'uomo è pacificamente vulnerabile."

Il più onesto atteggiamento o la più meritoria condotta dell’uomo, per farsi Filosofo (o Ermeneuta, o Retore, o studioso in generale) è quello o quella di persuadersi che bisogna scardinare la propria corazza di convinzioni ponendole in un piano secondario, brecciando fra di esse, e collocando in posizione prioritaria ciò che proviene dall’esterno, frutto dell’ascolto e della lettura, dello studio e della visione, con pura ed onorevole, devota ed incondizionata umiltà, e ciò semplicemente perché di fronte alla Verità obbiettiva le nostre conoscenze non sono nulla: nulla di finito e spurio può essere paragonato all’infinito ed al puro.
Il mondo del diritto, che è scienza giuridica, sa bene che la verità assoluta o obbiettiva non è di questo mondo, a tal punto da considerarlo caposaldo delle discipline processuali civili, penali ed amministrative. In sintesi: ciò che noi chiamiamo verità, non solo è qualcosa di soggettivo (quindi relativo), ma è  anche qualcosa di parziale e non totale: non conosciamo tutta la verità, ma solo quella accessibile, e di quest’ultima abbiamo solo (purtroppo) una decodificazione soggettiva.
Esistono tante realtà quante sono le ermeneusi della verità, e, quindi, quante sono i Filosofi: tutti vorrebbero che tutto fosse come disse Hegel, ma fin troppo in fine si finisce per accontentarsi oziando nelle parole di Schopenhauer.

PENSIERO N°64
"Ma come puoi ancor pretender, d'innanzi a siffatta disarmante Verità, di sentenziare sì pretestuose inferenziali non più che pleonastiche ermeneusi, se dei sensi per intellegerne tutt'al più le proiezioni, tuttor spaventosamente in ver difetti?"

Aristotele indica nell’ultimo capitolo dei Topici di non disputare con il primo arrivato, ma solo con coloro che si conosce e di cui si sa che hanno intelletto sufficiente da non proporre cose tanto assurde da esporli all’umiliazione; e che hanno abbastanza intelletto per disputare con ragioni, e non con decisioni perentorie, e per ascoltare ragioni ed acconsentirvi; e, infine, che apprezzano la verità, ascoltano volentieri buone ragioni anche quando provengono dalla bocca dell’avversario e siano abbastanza equi da sopportare di ottenere torto quando la verità sta dall’altra parte[7], senza quindi spingersi a quell’eroico streben di missione persuasiva circa l’amore per la conoscenza di cui questo libello di fa vessillo.

PENSIERO N°65
"Esperendo quelle brame di sapere, non sarai giammai proclive più ad ottemperarne il fine, e finché avrai fiato ti sarà tartassato l'animo da incessanti, consuntivi ed inauditi rogiti d'euristica."




[1] Karl Kraus (Jičín, 28 aprile 1874  Vienna, 12 giugno 1936) è stato uno scrittore, giornalista, aforista e autore satirico austriaco. Saggista, aforista, commediografo e poeta, viene generalmente considerato uno dei principali autori satirici di lingua tedesca del XX secolo, ed è noto specialmente per le sue critiche taglienti alla cultura, alla società, ai politici tedeschi ed alla stampa.
[2] Tenzin Gyatso, nato Lhamo Dondrub (Taktser, 6 luglio 1935), è un monaco buddhista tibetano, XIV Dalai Lama, premio Nobel per la pace nel1989 ed esponente della dottrina della nonviolenza. Una sua celebre citazione è stata: « Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare i soldi e poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere né il presente né il futuro. Vivono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto. »
[3] Jean-Paul Sartre, L’ESISTENZIALISMO E’ UN UMANISMO, pag. 104.
[4] James Borg, PERSUASIONE, pag. XIV
[5] Alieno in senso proprio è ciò che viene disconosciuto dall’uomo, ciò che non viene condivisibilmente accettato come esistente (o comunque pensabile se non propriamente conoscibile), qualcosa totalmente, assolutamente ed irrevocabilmente estraneo alla  natura delle cose: secondo questa ermeneusi quindi gli extra-terrestri non sono a noi alieni.
[6] Platone, APOLOGIA DI SOCRATE, 6.
[7] Arthur Schopenhauer, L’ARTE DI OTTENERE RAGIONE, pag. 66.

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